Nel 2019 la Camera dei Deputati con un odg (n.9/2222-A/51) accolto dal Governo, impegnava il Governo stesso a uniformare i criteri della formazione universitaria degli psicologi (LM56), quando impartita in modalità mista (cioè anche online) a quella della laurea in scienze della formazione primaria (LM85bis), ovvero un massimo del 10% di erogazione a distanza.
La motivazione del Parlamento era chiara: il lavoro dello psicologo ha, come minimo, la stessa delicatezza di quello dell’insegnante della scuola primaria e va trattato, almeno, allo stesso modo.
Tutto questo si traduceva in un decreto ministeriale (DM 1171 del 23 dicembre 2019), ma la nostra esultanza è stata di breve durata perché il DM con un cavillo burocratico è stato annullato.
L’inizio del 2020 ha portato anche la pandemia, che ha sdoganato per certi versi la modalità di insegnamento online ma ci ha anche insegnato che presenza e distanza non sono la stessa cosa nella formazione e semmai occorrono più regole e garanzie in questo campo, non certo di meno.
Le Università telematiche sembrano, in generale, poter godere di una sorta di extraterritorialità rispetto alle regole che tutte le Università italiane debbono osservare, e questa “deregulation” ha portato, tra l’altro, ad una sempre più massiccia presenza nella formazione psicologica, nonostante che la legge 163/2021, rendendo abilitanti le lauree in psicologia, avesse dovuto, al contrario, rendere ancora più impraticabile l’attuale situazione.
Come ribadito nelle precedenti iniziative intraprese dal CNOP e, di recente, anche dal Tavolo di concertazione Università-Ordine “la situazione attuale non è in linea con la normativa oltre che con le esigenze formative della professione sanitaria di psicologo”.
Una situazione per noi inaccettabile che non può, non deve, durare, rispetto alla quale urgono dal Governo provvedimenti non più rinviabili.