La Professione di Psicologo è professione sanitaria: si conclude così positivamente un percorso iniziato addirittura dopo il varo della legge 833/78 di istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, allorché nel definire lo stato giuridico del personale con il DPR 761/79 fu previsto che:
1. Articolazione dei ruoli. – Il personale addetto ai presidi, servizi ed uffici delle unità sanitarie locali è inquadrato in ruoli nominativi regionali, istituiti e gestiti dalla regione e così distinti: ruolo sanitario, ruolo professionale, ruolo tecnico, ruolo amministrativo. Appartengono al ruolo sanitario i dipendenti iscritti ai rispettivi ordini professionali, ove esistano, che esplicano in modo diretto attività inerenti alla tutela della salute; ….omissis….. 2. Ruolo sanitario. – Nel ruolo sanitario sono iscritti in distinte tabelle, per i rispettivi profili, i medici, i farmacisti, i veterinari, i biologi, i chimici, i fisici, gli psicologi, nonché gli operatori in possesso dello specifico titolo di abilitazione professionale per l’esercizio di funzioni didattico-organizzative, infermieristiche, tecnico-sanitarie, di vigilanza ed ispezione e di riabilitazione. Le tabelle del personale laureato sono articolate in quadri corrispondenti agli specifici settori di attività. Le tabelle del personale infermieristico, tecnico-sanitario, di vigilanza e ispezione e di riabilitazione sono articolate in quadri corrispondenti al livello di qualificazione professionale degli iscritti. Il personale iscritto nei quadri relativi alla qualificazione più elevata è classificato in due posizioni funzionali. Il personale laureato del ruolo sanitario è classificato in tre posizioni funzionali”.
Inizia, così, con il riconoscimento che lo psicologo opera in attività dirette all’attività di tutela della salute che si concluderà il 22 dicembre 2017 con l’approvazione della legge Lorenzin “Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della Salute”, approvata in fine legislatura quando ormai le speranze erano ridotte al minimo per la contrarietà dei gruppi dirigenti degli ordini dei medici, dei veterinari e dei farmacisti, venne, invece, approvata a larga maggioranza fu segnato il punto vincente: 148 voti favorevoli, 19 contrari e 5 astenuti..
Ha certamente contribuito al risultato la pressione esercitata anche sui singoli senatori oltre che sul Governo da tanti professionisti e da un campo vasto di rappresentanze professionali e sindacali, ovviamente anche degli psicologi.
E’ una riforma, quella ordinistica di tutta la sanità partita iniziata da lontano e che ha avuto un iter lento, lentissimo, frastagliato di mille ostacoli che comprende uno spettro enorme di operatori che per la loro dimensione numerica (oltre trenta professioni ed oltre un milione di addetti, dal medico all’operatore sociosanitario – tutti, nessuno escluso – professionisti ed operatori “produttori di salute”), rivestono una importanza strategica che non ha pari in altri comparti per la continua evoluzione formativa, ordinamentale, scientifica e tecnologica….un fenomeno quanto mai interessante e rilevante per chi come me si diletta di legislazione delle professioni e del personale del SSN nonché di sociologia dell’organizzazione del lavoro in sanità.
Essendo stato, sia pur dietro le quinte, un protagonista di questa importante riforma mi permette di analizzare ed interpretare sia la genesi del provvedimento che le sue prospettive e ricadute nell’ordinamento professionale.
Per prima cosa va dato atto al Ministro alla Salute Beatrice Lorenzin non solo di aver presentato questo provvedimento come disegno di legge di iniziativa governativa e di averlo portato a termine sino alla sua definitiva approvazione da parte di entrambi i rami del Parlamento, ormai, giustamente, denominato Legge Lorenzin, ma ricordo ad abuntantiam che nella precedente legislatura quale deputato di opposizione aveva presentato in vari provvedimenti emendamenti analoghi su albi ed ordini delle professioni sanitarie, allora non accolti ed ora invece legge di Stato, con il suo nome, appunto.
Oltre il disegno di legge Lorenzin di iniziativa governativa furono presentati analoghi progetti di legge sia dei gruppi di maggioranza che di opposizione, confluiti nel testo approvato: per varare questa legge ci è voluto tutto il tempo dell’attuale legislatura e in tale periodo le maggioranze che hanno retto i governi Letta, Renzi e Gentiloni hanno mantenuto il loro consenso al provvedimento riuscendolo a farlo votare oltre i suoi stessi numeri parlamentari. Il passaggio alla Camera ne aveva arricchito ulteriormente il testo approvato dal Senato in prima lettura con novità significative ed avanzate, accolte tutte in terza lettura dall’Aula di Palazzo Madama.
Costituisce un elemento discontinuo ed innovatore il fatto che per la prima volta siano state regolamentate nelle stessa modalità e nella stessa riga di articolo, , tutte le professioni sanitarie storiche, medico, odontoiatra, veterinario e farmacista ma anche quelle emancipate dal termine “ausiliarie” dalla legge 42/99 cioè le 22 infermieristiche, tecniche-sanitarie, della riabilitazione, della prevenzione e della professione di ostetrica, 26 in tutto alle quali si aggiungono le new entry di biologi chimici e fisici le quali da decenni erano nel ruolo sanitario, come gli psicologi, ma mancava l’ultimo riconoscimento ed il passaggio di vigilanza dal Ministero di Giustizia a quello della Salute.
A questo impianto “livellatore” fa eccezione la professione “neosanitaria” di psicologo che ha un suo articolo specifico nel quale si riconosce il mantenimento dell’articolazione regionale ed l’allineato, consolidato, delle votazioni, per il resto la normativa rimane eguale alle altre ad iniziare dalla vigilanza completa del Ministero della Salute.
Per queste professioni di psicologo, biologo, chimico e fisico si chiude un processo di catalogazione quali professioni sanitarie iniziato addirittura dalla legge Mariotti di riforma ospedaliera allorché venivano denominati “ i laureati dei ruoli speciali” evoluti, in seguito, nell’inserimento, per l’esercizio del lavoro dipendente, nel ruolo sanitario per effetto del DPR 761/79 al pari di medici, odontoiatri, veterinari e farmacisti, novellato successivamente quale dirigenza sanitaria, nonché, per l’esercizio del lavoro autonomo, nell’Accordo Nazionale Unico della Specialistica Ambulatoriale insieme a medici, odontoiatri e veterinari…mancava sola la denominazione “sanitaria” a professione ed il passaggio integrale della vigilanza al Ministero della Salute dal Dicastero di Giustizia.
Come ricordato anche l’ordine dei chimici passa sotto la vigilanza del Ministero della Salute con l’istituzione anche al suo interno dell’albo professionale per i fisici…infine nell’ordine degli ingegneri è previsto uno specifico elenco nazionale certificato degli ingegneri biomedici e clinici.
Il Ministero della Salute e con esso l’intero SSN estendono la loro diretta competenza sull’insieme delle professioni che intervengono per garantire il diritto alla salute con questa legge sia le professioni sanitarie che quelle sociosanitarie che finalmente hanno piena cittadinanza.
Viene, così, riformata l’insieme dell’ordinistica sanitaria italiana in pari modalità, rimodulando l’ordinamento, favorendo la partecipazione, la democraticità interna nell’auspicio che la decretazione attuativa sia estensiva e non riduttiva di questi valori e concetti.
Costituisce un’altrettanta importante innovazione è la contestualizzazione che la legge Lorenzin realizza dell’area delle professioni sociosanitarie che seppur prevista dal d.lgs. 502/99 non fu mai colpevolmente attuata da Stato e Regioni nonostante che fosse ed è lo strumento con il quale dar sostanza e movimento alla ormai mitica integrazione sociosanitaria che ora proprio tramite il vigente Patto per la salute sta divenendo realtà effettuale.
Perciò la legge Lorenzin la contestualizza nel concetto di salute indicato dall’OMS riproponendo le modalità di individuazione ed istituzioni dei necessari profili professionali, sia nel comparto che nella dirigenza, formati dall’università, ma anche che dalla formazione professionale statale e regionale, dei conseguenti ordinamenti didattici ed indica che in quest’area siano già compresi gli attuali profili di assistente sociale, educatore professionale, sociologo ed operatore sociosanitario.
E’ una area che è tutta da continuare a riempire di tutti quei profili professionali che saranno ritenuti utili e necessari per attuare il diritto alla salute e che alcuni, specie nella strutture sanitarie e sociosanitarie collaborano con le equipe sanitarie e sociosanitarie, in particolare in riabilitazione contribuiscono e partecipano al percorso riabilitativo o al mantenimento dello stato di salute e che, in parte, sinora hanno percorso il processo di riconoscimento previsto dalla legge 4/13 delle c.d. professioni non regolamentate; sono professioni quelle sociosanitarie con il quale la professione di psicologo già collabora positivamente.
Siamo, quindi, in presenza di una legge di enorme spessore ordinamentale fortemente discontinua ed innovativa rispetto all’ordinamento previgente ottima per i cittadini quanto per i professionisti “produttori di salute”.
Saverio Proia