Riconoscere che c’è violenza è doloroso. Vederla spesso è difficile. Difficile perché fa male. Difficile perché all’interno di relazioni intime. Difficile perché a volte subdola, invisibile. Non solo schiaffi, segni e lividi, ma forme diverse di violenza, psicologica e morale. Il femminicidio non nasce dal nulla: è alimentato da fiumi, talvolta sotterranei, ma molto più spesso evidenti e tollerati, che narrano la violenza domestica, economica, psicologica, assistita come normale manifestazione di “amore”. Come psicologhe e psicologi dobbiamo imparare a riconoscere tutti questi segnali e insegnare a farlo: è un’operazione difficile perché impatta su una cultura che questa violenza la usa da sempre e la trova “normale”. Una volta per tutte abbiamo bisogno di nuovi occhiali che ci consentano di riconoscere la violenza degli uomini sulle donne e di farla vedere: è un nostro compito di professioniste e professionisti “ampliare” di default la nostra percezione e rovesciare la narrazione negazionista di chi riduce la violenza ad un conflitto fra pari poteri. E lavoriamo senza stancarci affinché il NO ad una relazione sia percepito come un diritto, anche se doloroso, da accettare. Tutte le donne devono poter guardare al futuro senza più paura.