01 luglio 2021 – Quanto è avvenuto a Santa Maria Capua Vetere è la testimonianza di situazioni di grande difficoltà nelle case di reclusione, dovute certamente a molti fattori, di tipo contingente e strutturale. Un contesto come quello carcerario comporta la gestione di processi umani, relazionali e comportamentali molto complessi. Inoltre, sia il personale che i detenuti sono sottoposti a particolari situazioni di stress, che alimentano il disagio e possono scatenare conflitti e forme di violenza. Una analisi questa, che non vuole giustificare episodi come quello di Santa Maria CV, ma segnalare l’esigenza di mettere in campo specifiche competenze psicologiche. La psicologia si occupa, sul piano scientifico e professionale, di questi aspetti, che non possono essere sottovalutati o lasciati solo alla buona volontà o al pure prezioso bagaglio dell’esperienza. “La psicologia nel contesto carcerario è una realtà indispensabile ma ampiamente sottovalutata e sottoutilizzata, come se fosse un optional, un abbellimento. Ma non utilizzare gli strumenti che può offrire, al personale e ai detenuti, è veramente miope e arretrato culturalmente e operativamente. C’è bisogno di un rafforzamento di questa presenza ma anche di assegnargli un ruolo appropriato, in linea con le più avanzate esperienze internazionali. Bisogna ricordarsi che prevenire è fondamentale anche in carcere, che la riduzione dello stress e la gestione dei conflitti richiedono competenze specifiche” ha sottolineato il presidente CNOP David Lazzari.