Due giovani su tre manifestano un forte disagio psicologico, c’è una condizione diffusa di ansia, paura, stress, aumento dei disturbi alimentari, forme di autolesionismo, aumento dell’abuso di sostanze, alcolici ed utilizzo improprio di psicofarmaci. Emerge un diffuso sentimento negativo su se stessi e il mondo.
La Giornata che celebra i diritti di bambini e adolescenti è l’occasione per chiedersi cosa sta accadendo? Come mai a fronte di tante parole, dichiarazioni di principio, programmi sbandierati, le ricerche ma anche le testimonianze, i fatti che riusciamo a osservare in modo non superficiale o aneddotico, ci mostrano un diffuso malessere e tante forme di disagio?
Gli scenari che rivelano le indagini sono inquietanti: due giovani su tre manifestano un forte disagio psicologico, c’è una condizione diffusa di ansia, paura, stress, aumento dei disturbi alimentari, forme di autolesionismo, aumento dell’abuso di sostanze, alcolici ed utilizzo improprio di psicofarmaci. Ma dobbiamo entrare più dentro questi dati se vogliamo capire, non limitarci alle etichette che sembrano voler incasellare questo malessere dentro categorie patologiche per trasformare milioni di bambini e ragazzi in tanti pazienti.
Ecco che allora emerge, dietro le immagini stereotipate e i luoghi comuni, un diffuso sentimento negativo su se stessi e il mondo. Insicurezze, senso di inadeguatezza, paura di non farcela, del futuro, senso di solitudine, rabbia, demotivazione. Le emozioni e gli stati d’animo positivi diminuiscono a scapito di quelli negativi: l’allegria, la voglia di fare, di mettersi in gioco arretrano, il mondo viene visto da molti come un luogo difficile, ostile e potenzialmente pericoloso: due su tre hanno paura di subire violenze fisiche o psicologiche, e temono di essere troppo dipendenti dai device tecnologici.
Se mettiamo insieme i vari pezzi di questo scenario si delinea un quadro chiaro. Per crescere bene abbiamo bisogno che siano alimentate in modo equilibrato le componenti di cui siamo fatti: il corpo e la psiche. Il primo ha bisogno di adeguata alimentazione e attività fisica, la seconda di calore umano, emozioni positive e capacità di pensiero. L’importanza a una educazione fisica, cioè all’uso del corpo è qualcosa che, paradossalmente, solo di recente è stata riconosciuta. Ma sembra ancora più incredibile che non ci si sta rendendo conto di un elemento che dovrebbe essere al centro di tutte queste analisi: i cambiamenti sociali hanno fatto venire meno le condizioni “naturali” per una crescita armonica in campo psicologico. C’è un iper sviluppo delle informazioni e della tecnologia, a scapito dei ritmi di sviluppo delle emozioni e dei sentimenti, dei contesti virtuali a fronte di un indebolimento dei contesti reali.
Trasformare i bambini in piccoli computer non li rende necessariamente più fiduciosi in se stessi e negli altri, consapevoli dei propri vissuti e capaci di empatia. Anzi, l’amplificazione di questi squilibri nelle dinamiche soggettive e di sviluppo li rende preda di questo diffuso senso di smarrimento. La quantità degli stimoli non si traduce in qualità della crescita e capacità di relazione, anzi, se non contenuta da appropriate competenze emotive, amplifica timori e insicurezze.
Ho letto oggi una frase che dice: “non bastano le parole o i dati. Quelli volano. Ci vogliono i sorrisi e gli abbracci. Ci vogliono i gesti e ci vuole la complicità. E poi ci vuole la presenza. Ci vuole tutto quello che non vola e che resta”.
Oggi abbiamo bisogno di aiutare la psiche, di usare le scuola non solo per l’educazione fisica o motoria ma anche per l’educazione psicologica, per dare ai ragazzi gli strumenti fondamentali per capirsi, accertarsi, decodificare e affrontare la realtà. La nostra capacità di stare nel mondo e fare la nostra parte dipende in gran parte da meccanismi di auto-regolazione psicologici che guidano azioni, vissuti, scelte e comportamenti. Sempre meno disponibili nel contesto sociale di sviluppo e sempre più necessari affinché la complessità del reale non divenga complicazione indecifrabile, affinché le sfide possano essere colte e diventare opportunità.
Per aiutare le famiglie e i ragazzi però non bastano le analisi, occorre attrezzare le infrastrutture sociali a fare prevenzione, a promuovere le risorse psicologiche delle comunità, delle famiglie e dei singoli, a dare sostegno o terapia quando serve. Servono quindi competenze psicologiche a fianco dei pediatri e medici di famiglia, nei consultori, nei servizi sociali, nella scuola per aiutare i docenti in una missione rinnovata. I genitori che hanno bisogno di aiuto e confronto, i ragazzi di ascolto e supporto devono poter trovare degli interlocutori e delle risposte senza dover aspettare di toccare il fondo, di diventare malati da curare.
David Lazzari – Presidente nazionale dell’Ordine degli Psicologi
La crescita non è solo del corpo: quali diritti psicologici per bambini e adolescenti?, The Huffington Post (www.huffingtonpost.it)