In Italia la Psicologia e la figura dello psicologo è stata tradizionalmente vista soprattutto come legata alla cura delle patologie mentali. Nel sentire comune lo psicologo psicoterapeuta si occupa delle malattie meno gravi o comunque cura con la parola mentre il medico psichiatra si occupa di quelle più gravi e cura con i farmaci. In realtà la Psicologia ha come focus non la patologia ma lo sviluppo della dimensione psichica e il suo ruolo nelle diverse fasi ed ambiti della vita. Il disagio e i disturbi vengono letti come la conseguenza di equilibri non bene regolati, che vanno in crisi o che si rompono. Non si nega la biologia o gli accadimenti esterni ma cellule, contesto e relazioni vengono inquadrati dentro la dinamica dei vissuti e delle esperienze.
Gran parte della ricerca e degli sforzi applicativi sono stati fatti per migliorare gli interventi “riparativi” ma ancor di più per mettere a punto strategie, spesso collettive, comunitarie, per sostenere lo sviluppo, potenziare le risorse, migliorare la capacità delle persone di organizzarsi, fare scelte funzionali, realizzarsi. In altre parole di muoversi nei della vita nel modo migliore possibile. Il grande sforzo è stato farlo applicando a questi aspetti il metodo della ricerca, dello studio scientifico, delle evidenze, per fondare un agire professionale legato alla scienza e non solo all’esperienza o alle opinioni. Nulla di magico e di trionfalistico, come tutte le scienze i dati sono sempre provvisori e progressivi, e le evidenze vanno applicate alla specifica situazione.
Questo percorso è stato sempre più evidente ai cittadini, basti pensare che nel 2018, indagine CNOP, alla domanda “cosa fa lo psicologo” le risposte più gettonate sono state nell’ordine: promuove il benessere, aiuta le persone a vivere meglio, previene il disagio e i disturbi. Solo al 4° posto troviamo “cura i disturbi psichici”. Ma oggi la vera svolta culturale e sociale viene dai più giovani, caratterizzati da malessere e disagio più che in passato ma anche dalla voglia di parlarne e da una diversa e maggiore consapevolezza. Come sui temi ambientali i giovani scendono in campo sui diritti psicologici, rompendo un muro di vergogna che ci portiamo dietro da troppi anni.
I ragazzi sono consapevoli dell’importanza della psicologia per capire se stessi, gli altri e la realtà lungo un normale processo di sviluppo in un mondo troppo complesso per lasciare tutto questo alla sorte e alle pressioni del contesto. Lo dicono chiaramente nella ricerca UNICEF “The future we want” dove rivendicano di poter disporre di servizi per questo scopo, supporto alla crescita, prevenzione, sostegno o cura quando serve. Lo dicono nel sondaggio di “studenti.it”, uscito in questi giorni, dove quasi otto ragazzi su dieci dicono che consultare lo psicologo è utile e sette su dieci avendo la possibilità lo farebbero. Attenzione: non necessariamente in ottica di cura ma prima di tutto di ascolto e aiuto.
Insomma i ragazzi non solo hanno rotto il tabù ma hanno capito che non basta curare, bisogna promuovere e prevenire, che la psicologia può aiutarli ad orientarsi, a prendere in mano la propria vita. Non è un caso che la loro paura più grande (uno su due) è non riuscire a trovare la propria strada nella vita, non riuscire a costruire e raggiungere obiettivi personali e validi.
David Lazzari – Presidente nazionale dell’Ordine degli Psicologi
Lo psicologo non è più un tabù: la svolta culturale dei giovani, The Huffington Post (www.huffingtonpost.it)