Per parafrasare un noto titolo: di cosa parliamo quando parliamo di “psiche”? Può sembrare una domanda superflua ma non lo credo affatto. Noi ci creiamo degli schemi concettuali con cui cataloghiamo la realtà, che assorbiamo per lo più inconsapevolmente dal contesto sociale, culturale e familiare, e che hanno una funzione molto importante perché “filtrano” il modo in cui leggiamo la realtà e quindi guidano i nostri atteggiamenti verso i diversi aspetti della vita.
Quando parliamo di noi emerge un atteggiamento ambiguo: parliamo del “nostro” corpo, delle parti del corpo dicendo: le mie mani, le mie braccia, il mio cuore…. Però se ci specchiamo ci identifichiamo anche con questo corpo e ci riconosciamo – più o meno bene – in ciò che vediamo come immagine di noi stessi.
Possiamo quindi dire che il nostro corpo ci appartiene e nel contempo ci rappresenta. In sostanza possiamo identificarci più o meno strettamente con il nostro corpo. E con la psiche? Qui le cose si fanno, almeno apparentemente più complicate. Certamente non abbiamo lo spazio qui per ripercorrere le vicende culturali e scientifiche del rapporto tra psiche e corpo, l’emergere dei processi di coscienza che ci hanno dato una identità personale ed uno sguardo soggettivo sul mondo. La cultura, la filosofia, la scienza hanno scritto milioni di parole su questo, e così le religioni quando la psiche è stata identificata con l’anima.
Oggi abbiamo dati scientifici che ci aiutano a vedere le cose: abbiamo strumenti che ci fanno vedere le interazioni e la circolarità tra processi psicologici, genetici, cerebrali e biologici in generale, ma anche tra una situazione del contesto, i nostri vissuti psichici e ciò che accade nel corpo.
Abbiamo così compreso che la funzione evolutiva della psiche è quella di amplificare e ottimizzare i nostri adattamenti e per fare questo la dimensione psichica è la principale responsabile degli equilibri che costruiamo, del modo con cui leggiamo il mondo, lo affrontiamo e reagiamo. Se cambiamo il modo con cui la psiche legge una situazione cambia completamente il modo di viverla ed affrontarla.
Non c’è dubbio che la nostra specie sia diversa dal restante mondo vivente per lo sviluppo psichico che la caratterizza: ci siamo autodefiniti “sapiens sapiens” proprio per questo. Questa linea evolutiva ha tuttavia prodotto non solo nuove capacità adattive ma anche nuove esigenze: in altre parole una funzione, quella psicologica, che si era sviluppata per esigenze biologiche ha portato con sé nuove proprietà e nuovi, specifici, bisogni. In sostanza non siamo più solo esseri biologici, guidati dai bisogni del nostro corpo, ma siamo diventati esseri psicobiologici, guidati da specifiche esigenze psicologiche.
Inoltre la capacità psichica di rappresentare il mondo, di immaginare, ha portato conseguenze in varie direzioni: positive e bellissime come può essere una poesia o un’opera d’arte o meno positive, come può essere una mente tormentata, preoccupata, abitata da vissuti negativi. L’impatto della psiche sul corpo è così potente che il pensiero di un pericolo attiva gli stessi circuiti del percolo reale, ma è vero anche il contrario: vissuti positivi ci fanno stare meglio.
Oggi la scienza ha rafforzato una opinione che era già di molti e il Censis (2018) ci dice che 62 italiani su cento pensano che il benessere psicologico è l’aspetto che più incide sulla salute (“è l’aspetto da cui dipendono tutti gli altri, anche quello fisico”), mentre 34 su 100 pensano che è importante al pari di quello fisico e solo 4 su 100 credono che “la salute dipende soprattutto dalla dimensione fisica, da come sta il corpo”).
Ma allora dobbiamo dirci una cosa: cosa ci caratterizza come persone? Cosa fa di noi ciò che siamo, il nostro modo di essere, di vivere, di amare, di affrontare il mondo? Insomma la psiche è una parte di noi o, in sostanza, siamo noi?
Quando parliamo di psiche a cosa ci riferiamo? All’intelligenza? Alla memoria? Alla creatività, simpatia, modi di fare, di essere, di vivere, o a tutto questo? Chi è Alessandra o Giulio? Certamente un corpo fisico ma soprattutto una persona, un corpo vissuto, “abitato” e “animato” da una dimensione psicologica soggettiva. In sostanza noi siamo soprattutto la nostra psiche.
Se riflettiamo su questo possiamo comprendere quanto sia fondamentale, accanto allo sviluppo fisico – ciò che mangiamo, come ci prendiamo cura del nostro corpo – lo sviluppo della nostra psiche. Che tipo di uomini o di donne siamo e saremo dipende infatti da come costruiamo il nostro mondo psichico in tutto il percorso della nostra vita. “Ben-essere” si riferisce infatti al nostro “essere” a ciò che siamo come persone: una realtà non statica ma che si costruisce e si modifica nel tempo.
Viviamo in una società dove l’alimentazione e l’attività fisica sono diventati temi non scontati, ai quali prestare la giusta attenzione. Ma anche la costruzione di una psiche positiva non è scontata, in una realtà complessa e competitiva, piena di sollecitazioni contrastanti, di scelte da fare e indebolita nelle sue tradizionali agenzie educative.
Se c’è un tema che unifica diritti sociali e diritti civili è proprio questo, che chiamerei “diritti della persona”: il diritto a tutelare e promuovere la nostra crescita psicologica come persone. Una psiche impoverita non è solo un problema di salute, è prima di tutto un problema di realizzazione di sé stessi, di qualità della vita, di capacità e possibilità di fare la nostra parte. A livello collettivo è un problema di capitale umano, che la prima risorsa di un Paese.
Viviamo un’epoca di “transizioni” necessarie, a cominciare da quella ecologica/energetica, che cambierà la società e l’economia e che richiede la definizione di nuovi equilibri personali e collettivi: promuovere le risorse psicologiche serve oggi più che mai per costruire il futuro.
David Lazzari – Presidente nazionale dell’Ordine degli Psicologi
La psiche siamo noi, The Huffington Post (www.huffingtonpost.it)