25 novembre 2020 – Ogni tre giorni quest’anno in Italia è stata uccisa una donna. Con il lockdown gli omicidi sono diminuiti, i femminicidi no.
Come sempre le vittime sono in prevalenza mogli separate, ex fidanzate, partner che hanno deciso di chiudere un rapporto: donne che hanno detto NO.
Non si parla di raptus, ma di strage: da molti anni, troppi, i numeri parlano chiaro.
Siamo di fronte ad un fenomeno devastante, in cui l’incapacità di un uomo a tollerare il conflitto e la separazione genera tout court l’eliminazione dell'”oggetto” che non è più controllabile.
Di fronte a me non ho una persona, ma “qualcosa” che mi dice “no” ed è un “no” che non posso accettare; di più, non posso pensarlo.
Abbiamo una grande responsabilità e un grande compito: ribaltare la cultura del controllo, di un potere maschile che, dopo tutte le frustrazioni subite, si scarica sull'”utente finale”: la donna, il suo corpo, la sua psiche.
Femminicidio, violenza sessuale, violenza fisica, violenza psicologica, violenza economica: sono declinazioni della stessa riduzione ad oggetto finale di potere.
Il 25 novembre è un’occasione per fermarci a riflettere, ma poi bisogna ripartire e combattere, giorno dopo giorno, con programmi formativi ed interventi sistematici che investano l’intero contesto sociale.
Noi psicologhe e psicologi ci siamo.