Da questo scenario emerge con chiarezza che il nostro modello sociale ha bisogno di ripensare la centralità dei bisogni psicologici per la vita umana. Se nel XIX secolo si sono poste le basi per il riconoscimento del diritto ad un lavoro dignitoso, all’istruzione, alla salute fisica, sancito poi nel XX secolo con importanti normative, è compito del XXI secolo sancire il diritto al rispetto dei bisogni psicologici come interesse non solo dei singoli individui ma della società nel suo complesso. Senza alcuna logica di standardizzazione o omologazione, bensì nel pieno rispetto e valorizzazione delle specificità soggettive e delle diversità.
La Psicologia è portatrice di un modello di intervento che riconosce e rispetta le specificità e le differenze, valorizza le risorse, promuove l’integrazione e l’autonomia a tutti i livelli.
Il contributo peculiare della Psicologia. La Psicologia ha inoltre la grande potenzialità di contribuire ad integrare la dimensione socioculturale e biologica dell’essere umano, contribuendo in modo essenziale ad analisi, politiche ed azioni rispettose della complessità umana.
Lo scenario sopra descritto ha delle ricadute in diversi ambiti di intervento professionale che vanno dal contesto della prevenzione fino a quella dell’intervento vero e proprio, avvantaggiandosi di evidenze empiriche che consentano l’individuazione di best practice a tutela della salute psichica.
Nello specifico, è rilevante mettere al centro della discussione il contributo che le competenze psicologiche potrebbero dare alle strategie di prevenzione e di promozione prima ancora che negli interventi di cura. Se è vero che nella cura gli interventi psicologici hanno buoni indici di efficacia e di efficienza costo-benefici (si ripagano da soli ed attivano risparmi documentati, divenendo un investimento economico vantaggioso), sul piano della prevenzione abbiamo contezza della grande risorsa che la Psicologia può apportare agli individui e alla società, moltiplicando le risorse e aiutando a modificare in positivo gli equilibri le traiettorie di vita.
Nonostante questi dati l’impiego della professione psicologica nella programmazione pubblica in Italia è ancora arretrato e poco funzionale ai bisogni del Paese: basti pensare – solo per fare un esempio – alla assenza di insegnamenti a contenuto psicologico nella scuola ed alla assenza di una normativa relativa ad un apporto organico di competenze psicologiche.
Relativamente alla cura occorre pensare alla difficoltà di offrire trattamenti per la maggior parte dei disagi psichici (si stima una mancata risposta intorno al 70% per quelli dell’umore, di ansia e dello sviluppo), all’uso discutibile che viene fatto del farmaco come risposta a situazioni di disagio psicologico o di disturbi che troverebbero una diversa e più efficace soluzione con interventi di tipo psicologico. Nonostante che il 75% delle persone portatrici di un disturbo ansioso o depressivo dichiari di preferire un intervento psicologico (es. Otto et al. 2013), e la ricerca mostri la migliore efficacia della terapia psicologica per molte situazioni (es. Huhn et al. 2014), la stragrande maggioranza delle persone riceve il farmaco [1].
Vi è qui un grande problema di equità sociale: pur essendo il disagio ed i disturbi psicologici percentualmente più presenti nelle fasce socioeconomicamente più deboli, la carenza di offerta psicologica pubblica impedisce l’accesso a queste risorse proprio a chi ne ha più bisogno. Con costi della mancata risposta che ricadono su tutta la società e superano di gran lunga quelli dei possibili interventi.
La Comunità professionale – attraverso l’azione dell’Ordine e il contributo delle sue diverse istanze – si impegna a sensibilizzare tutti i soggetti che possono concorrere a definire – sul piano normativo ed organizzativo – un quadro articolato e coerente di allocazione delle competenze psicologiche nella rete sociale e dei servizi al cittadino, laddove si può intercettare in modo efficace il bisogno di Psicologia e fornire risposte efficienti ad alto valore aggiunto. In tal modo la professione psicologica può contribuire anche a sviluppare – attraverso tutte le opportune sinergie con le altre professioni – un approccio integrato dal punto di vista culturale ed operativo.
In questo ambito vanno riprese, aggiornate laddove necessario o attivate tutte le azioni opportune per concretizzare:
- Forme nuove di collaborazione e coinvolgimento degli psicologi e psicoterapeuti liberi professionisti nella erogazione di interventi e prestazioni per il cittadino (es. convenzione, accreditamento);
- La definizione ed attivazione dei servizi psicologici nel mondo della scuola [2];
- L’attivazione dello psicologo nelle cure primarie e la implementazione del contributo dello psicologo nella “farmacia dei servizi”;
- La implementazione delle competenze psicologiche nei servizi sociali, comunali e del welfare;
- Il pieno riconoscimento del ruolo dello psicologo nel mondo del lavoro e delle organizzazioni;
- La valorizzazione del ruolo dello psicologo nei contesti sportivi e del tempo libero, considerando che la pratica sportiva ha una rilevanza sempre maggiore nella vita delle persone e l’apporto che la psicologia può dare nell’ambito agonistico ed amatoriale;
- Il riconoscimento delle competenze e dell’apporto dello psicologo nel terzo settore;
- Una adeguata collocazione e sviluppo degli psicologi nei diversi comparti della pubblica amministrazione statale e regionale.
- Sviluppo dell’apporto psicologico nei contesti della giustizia.
- Uno standard adeguato per i servizi psicologici nelle aziende sanitarie territoriali e negli ospedali;
- Il monitoraggio del livello di risposta ai bisogni psicologici dei cittadini nei diversi contesti.
Per i suddetti obiettivi – considerando che le competenze sono di livello nazionale ma anche regionale e locale – è fondamentale una forte sinergia tra il Consiglio Nazionale ed i Consigli territoriali dell’Ordine.
E’ inoltre fondamentale una collaborazione con il sindacato affinché in ogni contesto e forma contrattuale il lavoro dello Psicologo sia remunerato in modo dignitoso per la professione anche nel rispetto del principio dell’equo compenso, che va portato avanti in sinergia con tutte le altre professioni, sanitarie e non.